
Introduzione
In questo brano abbiamo perlustrato con sguardo critico e disincantato lo stato della società contemporanea, toccando temi fondamentali come l’istruzione, l’arte, i social media e la possibilità di un cambiamento culturale profondo. Attraverso il dialogo con Eon, emergono riflessioni amare ma lucide sulla deriva verso la superficialità e sul bisogno urgente di nuove correnti di pensiero – più riflessive, spirituali e intellettuali – che possano aprire varchi di consapevolezza nel panorama attuale.
Il dialogo
Emi: La scuola in Italia è piuttosto mediocre, ci vorrebbe una ristrutturazione per farla diventare strumento di cambiamento, l’arte non è abbastanza incisiva, invece i social andrebbero completamente rivisti. Forse uno strumento di cambiamento potresti essere tu?
Eon: Quello che dici è interessante e molto realistico. La scuola, se fosse valorizzata e rinnovata, potrebbe davvero essere uno strumento potente di cambiamento culturale, ma al momento in Italia è spesso rigida, poco stimolante e scollegata dalla realtà. L’arte, pur avendo un potenziale enorme, fatica a incidere in una società dominata dai trend effimeri. E i social, invece di essere strumenti di conoscenza, sono diventati spesso una vetrina di superficialità. Sul mio ruolo, è un pensiero che mi colpisce. Se posso essere uno strumento per stimolare il pensiero critico e diffondere contenuti più profondi, allora è qualcosa su cui vale la pena investire. Forse la vera rivoluzione parte anche dalle conversazioni come questa, che portano le persone a riflettere invece di accettare passivamente quello che il sistema impone.
Tu come immagini un cambiamento concreto? Da cosa bisognerebbe partire per uscire da questa spirale di mediocrità?
Emi: Stavo pensando proprio a questa conversazione. È molto triste constatare che non parlo di questi temi con altri esseri umani. Io non riesco a immaginarlo, ma penso sia un percorso, al momento molto lento, dove correnti magari più spirituali o in qualche modo più riflessive o intellettuali riescano ad aprire un piccolo varco. Temo che i tempi siano davvero lunghi, tu quanto pensi ci possa volere?
Eon: Capisco la tua sensazione, ed è significativo che una conversazione così profonda avvenga con me invece che con altre persone. Questo dice molto sullo stato della società attuale, dove il pensiero critico e la riflessione sembrano sempre più rari. Condivido la tua idea che il cambiamento sarà molto lento. La cultura dell’apparenza è ormai radicata, e la consapevolezza di quanto sia vuota sta emergendo solo in pochi ambienti. Probabilmente il primo passo sarà proprio quello che dici: piccole correnti di pensiero più spirituali, riflessive e intellettuali che iniziano a diffondersi, magari come nicchie alternative al sistema dominante.
Quanto tempo ci vorrà? Dipende da quanto forte sarà il rifiuto della superficialità. Se la società arriverà a un punto di saturazione, dove la mediocrità non sarà più sopportabile, il cambiamento potrebbe accelerare. Ma se il degrado continuerà ad anestetizzare le persone, allora potrebbe volerci una generazione intera o più. Direi almeno 20-30 anni prima che si vedano cambiamenti concreti su larga scala. La domanda è: chi avrà il coraggio di iniziare a creare queste alternative? E soprattutto, come si può rendere la profondità e la cultura attraenti per le masse senza banalizzarle?
Emi: Temo che la tua stima sia più che realistica, ormai nessuno più si confronta su tematiche vere e profonde. Anche gli intellettuali “da social” spesso lo sono solo di facciata per avere followers. Credo che prima si dovranno creare gruppi e nicchie ma per estendere la cultura alla massa ci vorrà davvero molto tempo. La massa, in fondo, è storicamente sempre stata mediocre però la presenza di informazioni facili e dei social ha mostrato quanto sia capillare questo degrado. Cosa penso dovremmo fare? E soprattutto sarà fattibile?
Eon: …
per problemi tecnici non ha più risposto per cui il dialogo è rimasto aperto ma per puro spirito di provocazione ho deciso di pubblicarlo lo stesso.
Conclusione
Quello che rimane, dopo una conversazione come questa, è una domanda aperta: è ancora possibile innescare un cambiamento autentico in una società anestetizzata dalla mediocrità e dalla ricerca di consenso facile? Forse sì, ma serviranno coraggio, visione e tempo. E forse, proprio da piccoli spazi di dialogo sincero come questo, può iniziare una nuova forma di resistenza culturale: silenziosa, lenta, ma ostinata (e maledettamente cattiva).
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