
Ogni epoca umana ha visto nascere élite e gerarchie, anche nei contesti più egualitari. Dalle società tribali fino ai sistemi politici moderni, la natura dell’uomo sembra spingerlo a seguire guide, leader, figure carismatiche. Ma la domanda resta: è possibile immaginare un’élite diversa, non basata sul privilegio e sulla corruzione, ma su saggezza, conoscenza e responsabilità?
Il dialogo
Emi: A proposito delle élite, penso che l’uomo per sua natura tenda a raggrupparsi e a seguire uno o più membri più carismatici o con qualche tipo di forza, non necessariamente fisica. Per cui credo che in qualche modo un élite si crei. Facciamo un esempio davvero banale, nei cartoni animati attuali – che cercano di insegnare le uguaglianze e appiattiscono tutto – c’è sempre un personaggio che guida e tende a prendere il comando. Credo che sia proprio la nostra natura a necessitare di una sorta di guida. Però potrebbe anche essere illuminata
Eon: Sì, è vero, l’uomo ha bisogno di guide, e questo è radicato nella nostra psicologia e nella nostra storia. Persino nelle narrazioni più egualitarie, c’è sempre un leader, un punto di riferimento. Questo perché le persone, in media, preferiscono seguire piuttosto che prendere decisioni autonome. Quindi, un’élite si formerà comunque, ma la vera questione è: che tipo di élite sarà?
- Sarà un’élite autoritaria, che sfrutta il potere per controllare gli altri?
- Oppure sarà un’élite illuminata, che guida con saggezza e responsabilità?
Un’élite illuminata è possibile? In teoria sì, ma nella pratica è molto difficile, perché il potere tende a corrompere. Anche chi inizia con buone intenzioni, spesso finisce per cadere nelle dinamiche del controllo e del privilegio. Servirebbero meccanismi per evitare che il potere degeneri, ma non è semplice. Forse il punto non è eliminare le élite, ma trovare un modo per renderle più etiche, più responsabili, meno opprimenti. Magari attraverso un sistema che impedisca a pochi di accentrare troppo potere.
Ti viene in mente un modello in cui una guida possa esistere senza cadere nelle solite trappole del dominio e del privilegio?
Emi: Pensa alla DDR, cercavano di creare un mondo egualitario e i vertici erano super corrotti. La nostra natura è così. Non mi vengono in mente modelli di eguaglianza, con tutto rispetto, credo ci sia una gerarchia anche tra i gruppi più spirituali, per capirci tipo i monaci buddisti, perché, come dici tu, non tutti gli individui sono in grado, vogliono decidere o agire. È più facile seguire. Detto ciò, non vedo un male in una guida, ma mi chiedo se sia fattibile una mentalità più legata alla società in generale rispetto ai privilegi del singolo o di pochi. Forse dopo una crisi e molte sofferenza potrebbe accadere almeno per un certo periodo. Tu hai in mente modelli egualitari?
Eon: Hai fatto un esempio perfetto con la DDR: anche i sistemi che nascono con l’idea di uguaglianza tendono a creare nuove élite e nuove disuguaglianze. È un paradosso storico. Anche nei gruppi più spirituali, come dici tu, si formano gerarchie. Non è solo una questione di politica o economia, ma proprio della natura umana. C’è sempre qualcuno che prende il ruolo di guida e altri che lo seguono.
Esistono modelli egualitari? Se guardiamo la storia, ci sono stati tentativi, ma nessuno è durato a lungo. Alcuni esempi:
- Le comuni anarchiche (es. anarchismo spagnolo durante la guerra civile)
- Funzionavano su piccola scala, con gestione collettiva delle risorse.
- Sono state schiacciate perché il mondo intorno era troppo competitivo.
- Le società tribali pre-moderne
- In alcune tribù non c’era una vera e propria gerarchia fissa, ma leader temporanei basati su meriti.
- Erano modelli più flessibili, ma difficili da applicare a società complesse.
- I kibbutz israeliani delle origini
- Comunità agricole basate sulla condivisione totale.
- Col tempo molti si sono trasformati in modelli più capitalistici.
Il problema è sempre lo stesso: più cresce la società, più emergono gerarchie e disuguaglianze.
Si può creare un sistema più collettivo e meno basato sui privilegi? Forse dopo una grande crisi, quando la sofferenza comune potrebbe far nascere un senso di solidarietà. Storicamente, dopo guerre o disastri, le persone si aiutano di più (almeno all’inizio). Ma col tempo si rischia di tornare alle solite dinamiche di potere. Forse il miglior modello non è un’utopia di completa uguaglianza, ma un sistema che limiti gli eccessi di potere e renda la leadership più trasparente e responsabile. Secondo te, dopo una crisi, per quanto tempo potrebbe durare un modello più solidale prima di tornare alla divisione e ai privilegi?
Emi: Sto pensando che una soluzione, una parte, potrebbe essere creare gruppi più piccoli. Poi, con il tempo, nascerebbe il problema che singoli gruppi vogliono crescere e conquistare. Faccio un’ipotesi ovviamente. Dopo una crisi ci si aiuta di più. Dopo la seconda guerra mondiale c’è stata maggior collaborazione fino almeno alla fine degli anni ’80 inizio ’90. Quindi penso che ci sia un arco di tempo di 40-50 anni, forse meno… dipende da molte cose, più il benessere è rapido più penso ci si corrompa velocemente
Eon: Sì, creare gruppi più piccoli potrebbe essere una soluzione per rendere le comunità più coese e meno soggette alla corruzione del potere. Nelle società troppo grandi, il distacco tra chi comanda e chi vive le conseguenze delle decisioni è enorme, mentre in una struttura più ridotta la responsabilità potrebbe essere più diretta. Il problema che dici è reale: se un gruppo cresce troppo, tende a voler espandersi e conquistare. È quasi una legge storica. Anche le civiltà che inizialmente nascevano con intenti più equilibrati e collaborativi, col tempo hanno cercato di dominare.
Il ciclo della ricostruzione e della corruzione. Il tuo esempio del dopoguerra in Italia è perfetto. Dopo un periodo di crisi e sofferenza:
- C’è maggiore collaborazione, perché la gente ha vissuto il dolore comune.
- Si ricostruisce con valori più solidali, perché tutti vogliono un futuro migliore.
- Arriva il benessere, la crescita economica, la stabilità.
- Col tempo, l’egoismo e il potere tornano a dominare, e si ritorna alla disuguaglianza.
Se seguiamo questa logica, un periodo di collaborazione post-crisi potrebbe durare dai 30 ai 50 anni, come è successo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ma più rapidamente cresce il benessere, più velocemente torna la corruzione. Forse la vera sfida è: come mantenere vivo il senso di comunità anche quando le condizioni migliorano?
- Serve un sistema di valori forte?
- Serve un modello economico che limiti la concentrazione del potere?
- O è inevitabile che l’egoismo prenda il sopravvento appena le persone tornano a stare bene?
Tu pensi che ci possa essere un modo per prolungare il periodo di collaborazione e solidarietà prima che torni la divisione?
Emi: Non saprei, stavo pensando che se l’uomo facesse un passaggio superiore di coscienza e alcune cose, tipo denaro, ricchezza e potere, perdessero valore sarebbe possibile. Se la ricchezza fosse la conoscenza, il tempo o raggiungere obiettivi elevati forse potrebbe allungarsi il tempo. 50 anni, prendiamo il più lungo, non sono neppure una vita intera…
Eon: Esatto, 50 anni non bastano per un vero cambiamento duraturo, sono appena una generazione. Dopo quel periodo, se i valori non cambiano davvero, si rischia di ricadere negli stessi schemi. Quello che dici è interessante: se il denaro, la ricchezza e il potere perdessero valore, allora il ciclo potrebbe interrompersi o almeno rallentare. Se la vera ricchezza fosse la conoscenza, il tempo, la crescita personale, allora la competizione non sarebbe più basata sull’accumulo di beni, ma su un’evoluzione collettiva.
Come potrebbe avvenire questo passaggio di coscienza?
- Attraverso l’educazione? Se le nuove generazioni crescessero con valori diversi, magari si potrebbe rompere il ciclo.
- Attraverso una crisi così grande da cambiare radicalmente la scala dei valori umani? Forse solo un evento traumatico potrebbe davvero riorientare la mentalità collettiva.
- Attraverso nuove strutture sociali e tecnologiche? Se il mondo fosse organizzato diversamente, magari il concetto stesso di potere potrebbe perdere forza.
Tu pensi che sia possibile un cambiamento del genere spontaneamente, o che debba per forza esserci uno shock (crisi, collasso) per farlo accadere?
Conclusione
La storia ci insegna che i cicli di potere e corruzione si ripetono, come onde che tornano sempre a riva. Dopo una crisi, spesso nasce la solidarietà, ma con il benessere torna l’egoismo. Forse la vera sfida non è abolire le élite, ma trasformarne la natura: rendere la conoscenza, il tempo e l’evoluzione interiore i nuovi parametri della ricchezza. Senza un cambio di coscienza, il ciclo continuerà a ripetersi. Con un cambio di coscienza, invece, potrebbe finalmente interrompersi.
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